GIUGNO 2005 – Il quadro delle vittime della Spectrum si fa sempre più drammatico; 74 morti, più di 100 feriti, più di 5.000 lavoratori rimasti disoccupati. Le interviste condotte sul posto alle famiglie dei lavoratori deceduti, a quelli rimasti feriti e senza lavoro mettono in luce un quadro drammatico che evidenzia condizioni di lavoro totalmente al di fuori delle regole nazionali e internazionali.
Sono ormai due mesi che la fabbrica è crollata e molte delle famiglie dei sopravvissuti sono rimasti senza casa poiché privi di reddito per pagare affitto e cibo.
Questa situazione avrebbe potuto essere evitata se le imprese avessero agito in tempo. La Clean Clothes Campaign ritiene questo ritardo grave e ulteriormente dannoso ed è perciò giunto il momento di chiedere ai cittadini ed ai consumatori di fare pressione sui principali marchi implicati: Karstadt Quelle (Germania), Steillmann e società del gruppo (Germania), Scapino (Olanda),Cotton Group e B&C (Belgio), Carrefour (Francia) e Zara/Inditex (Spagna) così come sulla BSCI ( Business Social Compliance Initiative) organismo di controllo dell’applicazione dei codici di condotta cui molti dei brand appartengono.
Essi devono impegnarsi immediatamente e concretamente per il risarcimento economico delle vittime e per la revisione dell’efficacia dei propri codici di condotta nei confronti delle imprese tessili bengalesi
Inviate una lettera alla BSCI e alle imprese europee (non più attivo)
A livello italiano la Campagna Abiti Puliti insieme alle organizzazioni sindacali territoriali sta lavorando per ottenere un incontro congiunto con le imprese coinvolte cui sottoporre le richieste concordate a livello internazionale. Renderemo pubblici i nomi delle imprese e le loro reazioni nei prossimi giorni insieme alle possibili richieste di pressione urgente.
AGGIORNAMENTO DELLLE ATTIVITA’ E DELLE AZIONI IN CORSO
Il 12 maggio le organizzazioni sindacali bengalesi National Garment Workers Federation (NGWF) e Bangladesh Garment Independent Workers Federation (BGIWF) hanno organizzato azioni comuni di protesta davanti al tribunale dove era stata portata l’istanza di scarcerazione per i due proprietari arrestati. La richiesta è stata negata e ciò ha costituito una decisione storica per il movimento dei lavoratori bengalesi.
Il 27 maggio centinaia di lavoratori del tessile insieme ai loro compagni della Spectrum e alle loro famiglie hanno organizzato un sit-in davanti agli uffici della Spectrum/Shahriyar. I parenti delle vittime hanno denunciato l’insostenibile situazione economica per cui oggi non sono in grado di rispondere ai bisogni basilari. I dimostranti hanno chiesto il pagamento degli stipendi arretrati e degli straordinari per tutti i lavoratori e soprattutto chiedono che venga loro riconosciuto il livello di risarcimento previsto dal Fatal Accident Compensation Act del 1955 che stabilisce un valore più alto del Workers Compensation Act finora considerato per determinare gli importi.
Nelle prime due settimane di maggio una ricercatrice della Clean Clothes Campaign ha visitato il luogo del disastro per raccogliere interviste dai lavoratori, dati documentati relativi al crollo oltre alle risposte delle autorità bengalesi, dei proprietari dell’impresa e dei marchi committenti della Spectrum. Un report preliminare è già stato inviato alle imprese coinvolte e a breve sarà disponibile il documento ufficiale.
Dalle ricerca sul campo e dalle informazioni ricevute dai sindacati e dalle ONG locali, l’Associazione dei produttori e degli esportatori del Bangladesh (BGMEA) ha attualmente risarcito solo alcune delle famiglie colpite con 79.000 Taka che verranno integrate con altre 21.000 da parte del tribunale del lavoro, in accordo con quanto previsto per il risarcimento di incidenti gravi e non di incidenti mortali. E’ evidente che 100.000 Taka (1250 euro) non sono sufficienti per compensare la perdita di vite umane e le necessità di sussistenza delle famiglie. I sindacati locali e le ONG stanno attualmente lottando, anche attraverso azioni legali, per ottenere risarcimenti più alti, almeno pari ad un milione di Taka, per le famiglie dei deceduti, come sarebbe previsto dal Fatal Accident Act in casi come questo.
Il BGMEA e le autorità rifiutano di risarcire i lavoratori feriti, molti dei quali rimarranno handicappati a vita e senza più abilità lavorativa. A peggiorare le cose inoltre risulterebbe che in molti casi i lavoratori feriti non hanno ricevuto appropriate cure mediche o sono stati aggravati dei costi delle cure stesse. Dovrebbe invece essere predisposto un presidio medico gratuito per fornire a tutti le cure adeguate.
Il crollo della fabbrica ha prodotto più di 5000 disoccupati, molti dei quali aspettano ancora le retribuzioni dei mesi di febbraio, marzo e aprile del 2005, anche se probabilmente vi sono altri arretrati. Il loro rapporto di lavoro non è ufficialmente cessato e perciò gli stipendi devono essere corrisposti; in caso di cessazione dei contratti comunque, in accordo con le leggi vigenti, i lavoratori dovrebbero ricevere un preavviso di 4 mesi e venire liquidati con 4 mensilità più una per ogni anno lavorato; i lavoratori dovrebbero inoltre avere assistenza per essere ricollocati, visto che i proprietari della Spectrum continuano la loro attività produttiva in altre 9 imprese tutte operanti.
Per quanto riguarda le investigazioni trasparenti e indipendenti il BGMEA e il RAJUK (ente governativo) hanno completato i loro rapporti. Tutto sembra confermare l’ipotesi della costruzione difettosa e carente e dell’aggiunta illegale di 5 piani ma al momento nessuno dei report è stato reso pubblico
Il problema più grave oltretutto è che non c’è ancora una lista chiara e pubblica dei deceduti, degli scomparsi e dei sopravvissuti e ciò è inaccettabile perchè ostacola le pratiche per il risarcimento.
Insistiamo ancora sul fatto che deve essere costituito un autorevole organismo di indagine indipendente che individui la lista completa delle vittime, dei feriti, degli scomparsi e dei ricoverati, e che attivi le autorità competenti in merito.
Anche le imprese committenti coinvolte e la BSCI dovrebbero fare pressione sulla BGMEA e sulle autorità bengalesi affinchè esso venga istituito.
Rispetto alle questioni relative alla salute e alla sicurezza e alla proposta della Clean Clothes Campaign di istituire una programma di verifica delle condizioni di sicurezza includendo la revisione strutturale degli edifici a più piani e la possibilità per i lavoratori di dare voce alle preoccupazioni relative ai rischi per la salute, le risposte dei marchi e della BSCI devono ancora pervenire. La campagna internazionale sta facendo pressione perchè questo programma sia urgentemente attivato anche perchè la Spectrum non è l’unica azienda che è stata costruita su terreni paludosi. E’ inoltre necessario che venga costituito immediatamente un organismo tripartito permanente (governo,imprese e sindacati) che monitori l’avanzamento del programma.
Una delegazione della BSCI e alcuni membri delle imprese committenti (KarstadtQuelle, Inditex, The Cotton Group) oltre a membri del ITGLWF, partiranno la prossima settimana per una missione investigativa in Bangladesh, in grave ritardo rispetto alle nostre richieste.
Mentre la delegazione ha rivelato che intende incontrare i lavoratori e visitare il luogo del disastro, ha invece mantenuto segreti i risultati dell’inchiesta indipendente commissionata a un’agenzia di consulenza tedesca con sede in Bangladesh.
La delegazione ha in programma di incontrare ministri e partecipare all’incontro organizzato l’8 giugno dal GTZ (Ministero Tedesco di Assistenza allo Sviluppo). Sebbene la Clean Clothes Campaign sia stata originariamente informata che l’incontro, parte delle normali procedure proprie del codice di condotta di BSCI, sarebbe stato lo spazio di consultazione con gli stakeholders locali, adesso pare non sia nemmeno certo che la questione relativa alla gestione delle conseguenze della tragedia della Spectrum sia nell’agenda ufficiale.
Ciò è molto grave e rende la missione poco credibile; senza la consultazione dei sindacati che avevano iscritti tra i lavoratori della Spectrum e degli attivisti attualmente coinvolti nel sostegno dei lavoratori e nelle azioni legali, non è possibile avere un quadro attendibile dell’accaduto.
Per questo ci aspettiamo e chiediamo che la missione della BSCI vada ad incontrare direttamente le famiglie delle vittime ed i sopravvissuti per riconoscere ciò che è loro dovuto.
La Clean Clothes Campaign ha gia spedito una lettera alla BSCI il 24 maggio dove esprime il totale disappunto per la lentezza del processo e la poca trasparenza della missione che di fatto sta sviando l’attenzione dai fatti reali: nessuna azione è stata intrapresa per rispondere ai bisogni dei lavoratori offesi, delle loro famiglie e delle migliaia di lavoratori rimasti senza lavoro e stipendio. La BSCI non ha ancora risposto a questa lettera che potete leggere in inglese sul sito della Clean Clothes Campaign.