La Clean Clothes Campaign è seriamente preoccupata per la violenta repressione ai danni dei lavoratori tessili e dei loro dirigenti sindacali messa in campo in Ashulia in Bangladesh. L’11 giugno scorso, migliaia di lavoratori sono scesi nelle strade chiedendo un aumento salariale. Invece di ascoltarli, i proprietari delle fabbriche hanno chiuso oltre 300 unità, lasciando gli operai senza alcuna prospettiva futura. Da allora, 25 persone sono state arrestate e molte altre sono state ferite durante i pesanti scontri con la polizia e i leader sindacali temono trattamenti brutali da parte delle agenzie di intelligence bengalesi. Sebbene le fabbriche siano state riaperte, la richiesta di aumento dei salari rimane un problema urgente e il livello di repressione inaccettabile.
Le aziende multinazionali dovrebbero capire dopo anni di proteste che i bassi salari sono la causa principale dei disordini in corso. Il livello del salario minimo legale è rimasto lo stesso dall’aumento nel 2010, mentre il costo della vita è aumentato vertiginosamente e i lavoratori sono stati declassati a posizioni più basse per evitare un aumento di paga.
Ancora una volta il governo del Bangladesh risponde con la repressione e avviando indagini su sindacati e organizzazioni per i diritti dei lavoratori, invece di impegnarsi in negoziati per garantire salari adeguati al costo della vita. E mentre tutte le fabbriche sono state riaperte, i proprietari rifiutano ancora di riaprire i negoziati sui salari minimi.
Durante le importanti proteste salariali del 2006, 2008 e 2010, centinaia di lavoratori e sindacalisti sono stati arrestati, tra cui Aminul Islam, attivista bengalese per i diritti dei lavoratori ed ex operaio tessile, torturato e ucciso nel mese di aprile di quest’anno. Decine di dirigenti sindacali sono accusati di istigazione ai disordini e attività connesse; accuse considerate prive di fondamento dalle organizzazioni internazionali del lavoro e dei diritti umani. Le organizzazioni che difendono i diritti dei lavoratori temono che, senza tempestivi provvedimenti, la repressione salirà a livelli simili a quelli del 2010.
La CCC invita tutte le aziende che acquistano in Bangladesh a:
Garantire che tutta la loro catena di fornitura paghi salari dignitosi e classifichi correttamente i lavoratori in base alle loro qualifiche;
Sollecitare le autorità ad aumentare i salari nazionali ad un livello di salario dignitoso;
Sollecitare le autorità affinché si metta fine alle molestie, alle minacce e agli arresti nei confronti dei lavoratori e degli attivisti sindacali;
Garantire che ai lavoratori sia assicurato il salario per il periodo di chiusura delle fabbriche;
Garantire che tutte le denunce, nominali o generiche (denunce di massa) presentate contro i lavoratori e gli attivisti sindacali siano ritirate;
Garantire che i lavoratori arrestati siano rilasciati e che i difensori dei diritti del lavoro possano operare liberamente.