Walmart-GAP_10Jul2013jpegWalmart e Gap, due multinazionali che hanno fallito nel prevenire la morte di numerosi lavoratori in Bangladesh, hanno annunciato un proprio programma di ispezioni che va ad aggiungersi alla lunga lista di interventi inefficaci propagandati per anni. Walmart e Gap – insieme ad altri marchi, molti statunitensi, anche se non tutti – hanno rifiutato di firmare l’Accord on Fire and Building Safety in Bangladesh, un programma effettivo per la sicurezza dei lavoratori sottoscritto da più di 70 aziende in oltre 15 Paesi. Walmart, Gap e le aziende che hanno scelto di unirsi a loro, non sono disposte ad impegnarsi in un programma grazie al quale sarebbero realmente costrette a mantenere le promesse fatte ai lavoratori e ad accettare la responsabilità finanziaria di garantire che le loro fabbriche siano effettivamente rese sicure. Al contrario, offrono un programma che imita l’Accordo in maniera retorica, omettendo le caratteristiche che lo rendono significativo.

“L’approccio volontaristico e auto-referenziale proposto da Walmart e Gap ricalca esattamente tutte le fallimentari e fumose politiche di RSI che hanno fatto da paravento ad una realtà durissima, quella del Bangladesh, dove migliaia di lavoratori sono morti a causa della negligenza prolungata delle imprese”, dichiara Deborah Lucchetti della Campagna Abiti Puliti. “ L’Accordo sulla prevenzione e la sicurezza sviluppato dal sindacato internazionale e bengalese, firmato da più di 70 marchi internazionali rappresenta un processo radicalmente diverso, che impegna le imprese a fare ciò che dicono e coinvolge direttamente i rappresentanti dei lavoratori. Walmart e Gap farebbero bene a firmare quello, se davvero vogliono prevenire nuovi gravissimi fatti luttuosi” continua Lucchetti

Spieghiamo nel dettaglio perché questa proposta è molto lontana dalle aspettative dell’Accordo.

  1. Si tratta di un programma sviluppato e controllato dalle aziende “prodotto da un gruppo di 17 distributori di abbigliamento nordamericani e dai marchi che hanno deciso di unirsi a loro per sviluppare e lanciare la Bangladesh Worker Safety Initiative”. I rappresentanti dei lavoratori non rientrano nell’accordo e non hanno alcun ruolo nel processo di governance. Considerati i gravi rischi cui sono sottoposti i lavoratori bengalesi, non può esserci nessuno schema credibile che non preveda un ruolo centrale di direzione per i rappresentanti dei lavoratori stessi così come stabilito dall’Accord on Fire and Building Safety in Bangladesh.
  2. Secondo lo schema Walmart/Gap, i brand e i distributori non sono tenuti a pagare un centesimo per il rinnovamento e la ristrutturazione delle fabbriche bengalesi. Le aziende sono tenute solo a pagare le spese amministrative per coprire un programma di formazione, costi generali, ecc. Oltre a questo, non hanno obblighi finanziari. L’unico contributo per la ristrutturazione a cui si fa accenno nel testo dell’Alleanza riguarda un programma di prestito puramente volontario, “somministrato esclusivamente dall’azienda aderente [i.e. un marchio o distributore] che rende tali fondi disponibili a condizioni stabilite esclusivamente dall’Aderente stesso”. I documenti dell’Alleanza affermano inoltre esplicitamente che l’erogazione di tali fondi “non è una condizione di adesione all’Alleanza” stessa.  Walmart, Gap e i loro alleati sostengono che metteranno a disposizione in forma anonima 110 milioni di dollari sottoforma di prestiti, ma è un aspetto del tutto volontario e non c’è nessun modo di sapere se qualche azienda lo farà davvero. Secondo l’Accord on Fire and Building Safety in Bangladesh, invece, i marchi e i distributori sono obbligati a mettere a disposizione tutti i soldi necessari a coprire i costi di rinnovamento e ristrutturazione di tutte le fabbriche interessate. Non si tratta di un impegno volontario, ma di una richiesta vincolante e obbligatoria. Le priorità di Walmart, Gap e le altre aziende sono chiare. Nell’Accordo il fulcro è la sicurezza delle fabbriche: brand e retailer devono pagare ciò che serve per rendere tutte le fabbriche sicure. Nello schema Walmart/Gap il fulcro è la limitazione dei costi per brand e retailer. I costi obbligatori sono ridotti dall’inizio e limitati ad un massimo di un 1 milione di dollari all’anno, senza alcun impegno vincolante a pagare per ristrutturazioni e riparazioni. Questo vuol dire che milioni di persone continueranno a lavorare in posti pericolosi.
     
  3. Secondo il programma Walmart/Gap, marchi e distributori controllano le ispezioni. L’unico ruolo per l’Alleanza è di proporre standard e metodi e di accreditare gli ispettori. I brand e i retailer scelgono gli ispettori, li pagano e regolano le ispezioni. Il presunto controllo sulle ispezioni dell’azienda sarà affidato a un sistema di verifica a campione. Sfortunatamente però, non essendo previsto il coinvolgimento dei rappresentanti dei lavoratori, ma trattandosi un programma interamente affidato alle aziende, queste verifiche a campione non saranno altro che controlli di aziende sulle ispezioni di altre aziende. Se tutto questo ricorda i programmi di CSR fallimentari e gli schemi di ispezione che i marchi e distributori hanno usato in Bangladesh per più di dieci anni è perché sono proprio gli stessi. Il programma di Walmart e Gap conserva intatto lo stesso modello che ha fallito per anni e che è costato la vita a circa 2000 lavoratori e lavoratrici.

  4. Lo schema dell’Alleanza impone pochi obblighi ai marchi e pure inapplicabili. Secondo il loro programma, qualsiasi azienda può tirarsi indietro quando vuole. L’unica penale che deve pagare è una parte o l’intera quota delle sue spese amministrative, a seconda di quando decide di uscire. Per le grandi aziende si parla di un massimo di 5 milioni di dollari. Walmart ha un fatturato di 400 miliardi di dollari: una penale del genere è una spesa ridicola a confronto, non certo un deterrente. Questo conferma quanto i sostenitori dei diritti dei lavoratori avevano previsto da tempo: Walmart, Gap e le aziende come loro, non vogliono fare promesse che sarebbero costrette a mantenere. Ciò che vogliono è fare promesse ora, che l’attenzione mediatica sul tema è alta, per poi defilarsi quando gli fa comodo a un costo simbolico. Secondo l’Accordo, invece, i rappresentanti dei lavoratori hanno il potere di avviare procedimenti esecutivi nei confronti delle aziende che non rispettano i loro obblighi. Per l’Alleanza, invece, come ha dichiarato Walmart in conferenza stampa, l’unico strumento a disposizione dei lavoratori è un “numero verde” per comunicare con i marchi e i distributori, ai quali però resta ogni potere decisionale.

  5. Secondo l’Accordo il diritto dei lavoratori di rifiutarsi di fare lavori pericolosi, compreso entrare in edifici pericolanti, è garantito. Sulla scia della tragedia del Rana Plaza l’importanza vitale di garantire questo diritto dovrebbe essere evidente a qualsiasi azienda abbia rapporti con il Bangladesh. Invece lo schema Walmart/Gap non fa alcun riferimento a questa protezione, lasciando ai dirigenti delle fabbriche la libertà di costringere i lavoratori ad entrare negli edifici pericolosi, così come accadde nel Rana Plaza

Oltre a tutto ciò, che rende di fatto l’iniziativa Walmart/Gap inefficace, è importante tenere a mente gli antecedenti di queste aziende: tutti quei lavoratori morti nelle loro fabbriche di subappalto e tutte le promesse non mantenute che hanno fatto. Walmart opera in Bangladesh da un quarto di secolo e anno dopo anno ha sempre ripetuto che stava lavorando assiduamente per garantire i diritti e la sicurezza dei lavoratori. Eppure l’azienda non aveva effettuato nemmeno un’ispezione antincendio o dedicata alla sicurezza degli edifici prima di quest’anno. Gap aveva annunciato, circa un anno fa, un programma apparentemente robusto e globale di ispezioni e ristrutturazioni di tutte le sue fabbriche bengalesi. Ad oggi, Gap non ha menzionato nemmeno una fabbrica che avrebbe rinnovato.

Gap e Walmart non hanno più alcuna credibilità in merito.