12 mesi dopo che 112 persone hanno perso la vita restando intrappolate nella fabbrica Tazreen Fashions a Dhaka in Bangladesh, i marchi rifiutano di impegnarsi nel processo di risarcimento ai sopravvissuti e alle loro famiglie.
Il 24 novembre 2012, la Tazreen Fashion, da cui si rifornivano marchi internazionali dell’abbigliamento, è stata avvolta dalle fiamme. Un anno dopo le vittime, i familiari e i sopravvissuti stanno ancora aspettando un pieno e giusto risarcimento.
Fino ad oggi solo C&A si è prodigata per erogare fondi e per sviluppare un processo che ne garantisca la distribuzione alle vittime, e anche Li & Fung ha effettuato pagamenti. Mentre alcuni marchi hanno dichiarato di voler erogare contributi volontari, nessuno ha finora pagato quanto dovuto. Questi marchi comprendono: l’italiana Piazza Italia, Delta Apparel (USA), Dickies (USA), Disney (USA), Edinburgh Woollen Mill (UK), El Corte Ingles (Spagna), Enyce (USA), Karl Rieker (Germania), KiK (Germania), Sears (USA), Teddy Smith (Francia), and Walmart (USA).
Un anno dopo l’incendio, la Clean Clothes Campaign e l’International Labor Rights Forum chiedono a tutti i marchi coinvolti nel caso Tazreen un intervento immediato e urgente per:
- impegnarsi a lavorare insieme con gli altri marchi e stakeholders per garantire un pieno e giusto risarcimento per tutte le vittime dell’incendio alla Tazreen, sulla base dello schema (detto Arrangement) messo a punto per il caso Rana Plaza;
- impegnarsi a fornire un congruo contributo economico affinché il fondo sia completamente finanziato.
“I sopravvissuti e le famiglie dei deceduti hanno perso l’unica fonte di reddito, devono affrontare ingenti spese mediche e non sono in grado di trovare un nuovo lavoro, anche per i traumi psicologici subiti.“ dichiara Deborah Lucchetti della Campagna Abiti Puliti. “Se le imprese coinvolte continuano a ritardare il processo di risarcimento e a non assumersi alcuna responsabilità, condannano alla povertà e all’insicurezza le vittime di una tragedia che poteva essere evitata”
CCC e ILRF sottolineano in particolare il ruolo di Walmart che non ha compiuto alcuna azione concreta pur essendo il principale acquirente della fabbrica. “Come principale distributore del mondo, Walmart ha una responsabilità maggiore nel garantire la sicurezza delle persone che producono per il suo circuito. La scusa che si trattasse di un sub-appalto non autorizzato non è sufficiente per declinare ogni responsabilità. Non intervenendo per risarcire le vittime dell’incendio, Walmart mostra totale disprezzo per la vita umana” ha dichiarato Liana Foxvog dell’International Labor Rights Forum.
Alcune famiglie delle vittime sono sottoposte ad una doppia ingiustizia: da una parte hanno perso un familiare e dall’altra si vedono negare l’esistenza stessa del defunto dai funzionari pubblici. Ad un anno di distanza, infatti, continua la battaglia per l’identificazione dei cadaveri, che impedisce ai parenti di accedere al risarcimento.
Le cifre pagate dal governo bengalese, dal marchio C&A, dall’azienda Li & Fung e dal Bangladesh Garment Manufacturers & Exporters Association (BGMEA) sono molto lontane dalla quantità di denaro necessaria e sono stati distribuiti senza un’adeguata e sufficiente trasparenza.
Dal giorno del tragico crollo del Rana Plaza nell’Aprile di quest’anno, è stato elaborato dai marchi dell’abbigliamento e dagli altri stakeholders , un metodo per calcolare e distribuire l’esatto ammontare del risarcimento per la perdita degli stipendi e per le cure mediche noto come l’Arrangement. Questo meccanismo è stato costruito utilizzando le linee guida fornite dalla Convenzione 121 dell’International Labour Organization sull’Employment Injury Benefits e su modelli già utilizzati in precedenti tragedie accadute nell’industria tessile bengalese.