Il 2 e 3 gennaio scorsi, in Cambogia, 4 persone sono state uccise e 39 ferite durante la dura repressione messa in campo da polizia ed esercito per soffocare le proteste che dal 24 dicembre 2013 chiedevano un aumento del salario minimo da 80 dollari a 160. La cifra resterebbe comunque lontana dalla soglia del salario dignitoso calcolata dalla Clean Clothes Campaign e dall’Asia Floor Wage Alliance in circa 285 dollari al mese.
23 lavoratori sono stati arrestati: tra loro operai tessili, autisti e il Presidente dell’Independent Democracy of Informal Economy Association (IDEA), Vorn Pao. Alcuni di loro non stavano nemmeno prendendo parte alle manifestazioni.
Due uomini tra gli arrestati hanno bambini appena nati, molti altri hanno lasciato a casa famiglie ignare di cosa accadrà dopo. Yon Sok Chea, di appena 17 anni, e Bou Sarith sono gli unici due lavoratori rilasciati su cauzione. Gli altri 21 sono ancora detenuti nel carcere CC3, noto per le sue condizioni difficili, nel nord della capitale cambogiana Phnom Penh.
Manifestazioni di solidarietà con i lavoratori cambogiani si sono svolte in tutto il mondo: migliaia di cittadini si sono recati davanti alle ambasciate cambogiane da Seoul a Bruxelles, da Hong Kong a Dhaka, da Berlino a Washington. La Clean Clothes Campaign si è unita al coro di voci che chiedono al governo cambogiano di liberare i 23 lavoratori arrestati, cancellando tutte le accuse a loro carico e restituendogli la libertà.
Insieme a molti partner internazionali, la CCC ha mandato lettere di protesta agli ambasciatori e al Primo Ministro Hun Sen.
Chiediamo a tutti i cittadini e le cittadine di sottoscrivere la petizione per chiedere il rilascio immediato dei 21 lavoratori ancora detenuti e la cancellazione dei reati a carico di tutti e 23.