Tragedia nella fabbrica tessile pakistana Ali Enterprise: la società italiana RINA spa aveva rilasciato da poco la certificazione SA8000 per la sicurezza sul lavoro. Un’interrogazione parlamentare riapre la questione.
Il punto di vista della Campagna Abiti Puliti
22 dicembre 2021 – La Campagna Abiti Puliti è soddisfatta per l’iniziativa dei senatori Gianni Pietro Girotto, presidente della X Commissione Attività Produttive del Senato, Iunio Valerio Romano, Sergio Vaccaro e Sergio Puglia, che lo scorso 21 dicembre hanno depositato un’interrogazione parlamentare rivolta al Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (MIMS) con riferimento all’attività della società di audit e certificazione RINA SPA (Atto di Sindacato Ispettivo del Senato n. 4-06394).
Oggetto della richiesta di chiarimenti è la nota vicenda dell’incendio della fabbrica pakistana Ali Enterprise che nel 2012 costò la vita ad oltre 250 persone, fra cui 12 lavoratori minorenni. In quell’occasione, la società RI&CA, su mandato di RINA, aveva effettuato un audit presso la fabbrica appena quattro settimane prima dell’incendio, rilasciando la certificazione sociale SA8000 che attesta tra le altre cose la conformità della struttura in termini di sicurezza.
RINA è una società per azioni al 70% di proprietà del Registro Navale Italiano, nel cui Consiglio di Amministrazione siedono due membri del Ministero. Il MIMS è quindi almeno politicamente responsabile delle azioni della sua controllata RINA, che si definisce il “terzo attore internazionale nel campo della responsabilità sociale delle aziende” e che nel 2019 ha dichiarato ricavi netti pari a 476 milioni di Euro.
Nel caso specifico la Ali Enterprise certificata come sicura da RINA aveva un piano ammezzato in legno costruito illegalmente, chiaramente visibile da uno degli ingressi ma non menzionato nel rapporto di ispezione e non isolato dal magazzino dove è scoppiato l’incendio; presentava al piano terra un accumulo di materiali infiammabili, non adeguatamente separati; aveva un sistema di allarme antincendio non funzionante e l’unico estintore presente non funzionava; aveva una sola uscita di sicurezza per 1.000 lavoratori, mentre le altre erano sbarrate; infine, non aveva la scala di sicurezza esterna. Un’accurata simulazione, condotta dalla società Forensic Architecture e commissionata dallo European Center for Constitutional and Human Rights, ha dimostrato che se tali mancanze e infrazioni fossero state identificate nell’audit e corrette per tempo al fine di ottenere la certificazione SA8000, l’incendio non avrebbe causato quel numero di morti e feriti.
Per richiamare RINA alle sue responsabilità l’associazione delle famiglie delle vittime, insieme ad altre realtà della società civile e sindacali, l’11 settembre 2018 ha presentato un reclamo al Punto di Contatto Nazionale (PCN) dell’OCSE presso il Ministero dello sviluppo economico che ha dato inizio a una procedura di mediazione. Tuttavia dopo diversi mesi di negoziazione, RINA si è rifiutata di firmare un accordo e si è sempre dichiarata non responsabile per quanto accaduto.
“Il controsenso è evidente” ha dichiarato Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna Abiti Puliti e parte ricorrente insieme all’associazione delle famiglie delle vittime e a diverse altre organizzazioni della società civile; “se l’audit avesse rilevato le deficienze strutturali della fabbrica, la Ali Enterprise avrebbe dovuto porvi rimedio per ottenere la certificazione, con la probabile conseguenza che 250 persone avrebbero potuto lavorare in sicurezza anziché morire bruciate vive. RINA è sempre in tempo a dimostrare che intende cambiare pagina, per esempio dando seguito alle richieste delle vittime, in parte riprese nelle raccomandazioni finali del PCN italiano nei confronti dell’azienda ”.
Il comportamento disinvolto della società RINA nel concedere certificazioni sociali è stato più volte oggetto di scandali e inchieste pubbliche. Ma il diniego di ogni responsabilità e la completa sottrazione alla giustizia da parte di una azienda che opera a livello mondiale nel settore della pubblica fede e che è collegata al Ministero dei Trasporti mina la credibilità degli apparati di controllo pubblico italiani. “Tragedie come quella oggetto dell’interrogazione semplicemente non dovrebbero mai essere avvenute né dovrebbero ripetersi in futuro.” ha dichiarato il senatore Girotto. “Lo scopo della mia interrogazione pertanto è duplice: per il passato, fare chiarezza sulle responsabilità, e per il futuro, una volta individuato chi deve rispondere di quanto avvenuto, compiere tutte le necessarie operazioni per ridurre al minimo possibile i rischi di incidenti sul lavoro. Non voglio nemmeno entrare nell’aspetto etico e morale di quanto in oggetto, talmente è evidente, semplicemente ho fatto e farò tutto quanto in mio potere per trasformare le parole in coerenti fatti concreti.”
La palla passa ora al Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili. Che tipo di controlli o azioni positive eserciterà il Ministro Giovannini per richiamare RINA alle proprie responsabilità, a partire dalle raccomandazioni espresse dal PCN in seno al Ministero dello Sviluppo Economico al termine della mediazione conclusa a fine 2020? Come il Ministro intende assicurarsi che siano svolte le funzioni di vigilanza sull’operato delle sue partecipate in materia di condotta responsabile e, in particolare, come intende farlo anche in futuro nei riguardi di RINA S.p.A?