La Commissione europea ha pubblicato oggi il pacchetto Omnibus che, all’insegna di competitività e semplificazione, propone di modificare le norme sulla responsabilità aziendale, tradendo il suo impegno per catene del valore più giuste e sostenibili. Un enorme passo indietro per la Campagna Abiti Puliti, rispetto agli obiettivi fissati grazie alla Direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale (CSRD) e alla Direttiva sulla due diligence della sostenibilità aziendale (CSDDD).

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Nel 11° anniversario del tragico crollo della fabbrica Rana Plaza, attivisti della CCC e dei suoi alleati si radunano fuori dal Parlamento Europeo durante le votazioni plenarie sulla direttiva per la dovuta diligenza in materia di sostenibilità aziendale (CSDDD), una normativa che dovrebbe prevenire simili tragedie in futuro.

Un vero passo indietro

Approvata ad aprile del 2024, la CSDDD impone alle aziende di grandi dimensioni con sede e/o operanti nell’UE obblighi vincolanti di due diligence in materia di diritti umani e ambiente. La legge impone alle imprese interessate di adoperare la cd. dovuta diligenza nei confronti dei fornitori, cioè monitorare le proprie catene del valore per individuare violazioni dei diritti e di porre rimedio ai danni causati a lavoratori, comunità e ambiente. Tuttavia, con un cambio di rotta senza precedenti, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha deciso di riaprire il testo della CSDDD alla fine dello scorso anno, con il pretesto di una “semplificazione”. Queste modifiche arrivano con due anni di anticipo rispetto all’entrata in vigore della legge.

Omnibus: parte la deregolamentazione

Riduzione del già limitato numero di aziende soggette agli obblighi di due diligence, circoscrizione degli obblighi di controllo e rimedio, responsabilità delle imprese circoscritta ai fornitori diretti e indebolimento delle procedure di enforcement giudiziarie e amministrative. Il testo appena presentato smentisce le precedenti dichiarazioni della Commissione, secondo cui la semplificazione non equivale a deregolamentazione. È evidente che la nuova tendenza in Europa sia di assecondare le richieste delle grandi imprese, anche a costo di smantellare le leggi stesse dell’Unione.

«Le condizioni delle lavoratrici del settore tessile continuano a essere drammatiche, non solo nei paesi del sud globale, ma anche in Europa e in Italia. Gli stipendi sono bassissimi e le catene di fornitura dominate dai grandi marchi che accumulano profitti sfruttando risorse e persone», afferma Deborah Lucchetti, coordinatrice nazionale della Campagna Abiti Puliti, che aggiunge: «Non si può affidare alle imprese il compito di risolvere i problemi che loro stesse creano».

«I diritti umani e la due diligence ambientale sono inutili per i lavoratori se non hanno effetti concreti», ha detto Kalpona Akter, fondatrice del Bangladesh Center for Workers Solidarity, membro della Clean Clothes Campaign. «I lavoratori e le lavoratrici che producono abbigliamento per i marchi europei contavano sull’UE per ottenere strumenti reali di  rimedio agli abusi da parte dei marchi della moda che devono subire ogni giorno. Eliminando le procedure per una efficace attuazione, l’UE sta dicendo alle grandi aziende che violare i diritti dei lavoratori è un modello di business accettabile», ha aggiunto.

Prossimi step

La proposta Omnibus sarà ora discussa dal Parlamento Europeo e dagli Stati membri dell’UE riuniti nel Consiglio, che dovranno concordare la loro versione della legge.

«Il processo che ha portato a questo pacchetto Omnibus sconfessa  il processo legislativo dell’Unione Europea e i principi democratici di cui essa si fregia. Si scrive semplificazione, si legge attacco ai diritti e all’ambiente. È molto grave che normative così importanti, che per la prima volta forniscono un quadro normativo sulla responsabilità d’impresa lungo la filiera, vengano ostacolate dalla politica. La mossa della Commissione, purtroppo appoggiata anche dal governo italiano, sembra dunque una excusatio non petita. Dopo le elezioni europee, il vento è cambiato e la Commissione fa da banderuola».

Così Priscilla Robledo, responsabile delle attività di lobbying e advocacy di Campagna Abiti Puliti.