Prova a risolvere quello della sindone. Pubblichiamo la lettera aperta di Daniela Fossat di Bilanci di Giustizia di Torino pubblicata oggi sul “Sole 24 Ore NordOvest” per sollecitare una riflessione pubblica sui criteri di selezione degli sponsor da parte di Enti Pubblici come il Comune di Torino ed Enti ecclesiastici come la Diocesi la Torino in occasione di eventi fondamentali dal grande significato simbolico quale la prossima ostensione della Sindone a Torino.
La lettera su Carta e su La Stampa
Mystery after mystery è il titolo della serie animata per ragazzi che racconta misteri e curiosità sulla Sindone. Da marzo 2009 il mistero che mi appassiona è quello relativo agli sponsor della Sindone. Acquistare è sempre un atto morale oltre che economico. Per questo ho cercato un confronto con le istituzioni ecclesiastiche e civili quando ho saputo che BasicNet, attraverso uno dei suoi marchi, era considerato un potenziale sponsor della Sindone. Inizialmente mi fu detto che si trattava di una voce infondata e che si sarebbero cercati partner affidabili dal punto di vista della responsabilità sociale d’impresa.
Il punto è che il gruppo BasicNet di Marco Boglione è da anni all’attenzione delle campagne di pressione internazionali – come la maggior parte dei marchi dell’abbigliamento sportivo in generale – a causa delle condizioni di lavoro dei subfornitori, per lo più imprese che operano in Cina: salario medio 2 dollari al giorno, un po’ di riso e poco altro, turni di lavoro massacranti e, ovviamente, nessuna libertà sindacale. BasicNet è stata oggetto di pressione perché produceva in Birmania: a oggi non credo che produca più in Birmania («stop tecnico», fu definito da Boglione, proprio in un incontro pubblico qui a Torino), ma dove siano prodotte le magliette Robe di Kappa è difficile saperlo: infatti, al contrario di Nike, la lista dei fornitori di BasicNet non è pubblica.
Così – quando a gennaio è diventata ufficiale la sponsorizzazione della Ostensione da parte di BasicNet attraverso il marchio Kway – mi sono addolorata e dispiaciuta. Ho cercato di capire il mistero della sponsorizzazione: in un franco dialogo con l’assessore alla Cultura di Torino Fiorenzo Alfieri, che è stato estremamente disponibile a ricevere me accompagnata da Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna Abiti Puliti, presente il responsabile della comunicazione dell’Ostensione, Marco Bonatti, ho capito che si è trattato di una “scivolata”. L’emergenza economica di Torino, legata a questa crisi congiunturale ha portato all’Ostensione attraverso l’incontro di due diverse necessità: la diocesi che saluta il cardinale Poletto (il quale lascia l’incarico per raggiunti limiti di età) e la Città che, attraverso l’evento Ostensione, cerca un volano economico attraverso il turismo. Con la crisi, l’Ostensione viene allestita con mezzi inferiori alla precedente e anche il sostegno degli imprenditori non è tale per cui si stia a guardare da dove vengano gli aiuti: e così accadrà ai volontari di ricevere la giacca Kway e ai giornalisti di ricevere lo zainetto.
Aderendo la diocesi al “Coordinamento stili di vita”, forse, si sarebbe potuto avviare una riflessione critica e rinunciare a zainetti e giacche a favore, magari, di magliette del commercio equo. Non è andata così. Come credenti e consumatori attenti, alla luce dell’enciclica Caritas in veritate che proprio di questi temi tratta, credo dunque che da questa “scivolata” possiamo trarre uno spunto per camminare verso un economia di giustizia. E quindi chiedere alla Diocesi e al Comune di Torino, di indirizzare i propri sforzi anche “educativi” nei confronti di imprenditori considerati sensibili, affinché tutta la filiera sia resa trasparente e rispettosa dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente: sempre più norme indicano una responsabilità di filiera tecnica, oltreché etica, per gli imprenditori.
Perciò io vorrei chiedere a BasicNet, attraverso le pagine de «Il Sole 24 Ore NordOvest» di farsi carico di piccoli passi: pubblicazione elenco dei fornitori e localizzazione; dialogo con la campagna internazionale Clean Clothes. Sarà possibile?