Gli operai in questione, molti dei quali dirigenti sindacali, lottano per riavere il posto di lavoro da quando sono stati allontanati il 18 settembre 2010. I licenziamenti e le sospensioni sono vere e proprie ritorsioni per aver partecipato allo sciopero nazionale per un salario minimo mensile di 93 dollari. Il minimo “salario di sussistenza”, secondo il calcolo effettuato dalle ong esperte e dai sindacati nel paese.
Lo sciopero si era protratto per tre giorni e aveva ricevuto un sostegno massiccio dal mondo del lavoro: l’ultimo giorno oltre 200.000 operai provenienti da 90 fabbriche si erano uniti alla protesta. Protesta terminata solo quando si è avviato il processo negoziale tra sindacati e governo, che aveva dato la disponibilità ad un incontro per valutare le richieste dei lavoratori,
Tuttavia, quando gli operai tessili sono tornati alle fabbriche per lavorare, hanno trovato una brutta sorpresa: licenziamenti di massa dei lavoratori sindacalizzati che avevano partecipato allo sciopero e decine di cause legali presentate contro i leader sindacali.
La controffensiva dei datori di lavoro è in aperta violazione della Costituzione cambogiana, delle leggi del lavoro, e delle convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro sulla libertà di associazione e di contrattazione collettiva. Il governo ha risposto mediante l’appello ai datori di lavoro a ritirare le denunce in tribunale unitamente alla richiesta di tornare al tavolo negoziale. Ha inoltre affermato che non consentito il licenziamento dei lavoratori.
All’inizio di ottobre il giudice ha emesso una ordinanza che intima ai datori di lavoro di reintegrare i lavoratori licenziati e sospesi entro 48 ore. I datori di lavoro hanno presentato ricorso e il caso è ancora pendente. Molti imprenditori hanno finora rifiutato di rispettare le richieste del governo e del tribunale.
Da settembre la Clean Clothes Campaign richiede ai marchi globali che esternalizzano le loro produzioni in queste fabbriche di intervenire perché i lavoratori siano reintegrati immediatamente e senza condizioni, avviando negoziati veri con i sindacati.
Anche se alcuni marchi hanno assunto qualche iniziativa in questo senso, gli sforzi compiuti sono del tutto insufficienti e vanno pertanto intensificati per consentire l’esercizio di un diritto fondamentale come quello di sciopero.
H & M e Zara sono tra le società che hanno più rapporti commerciali con le imprese in Cambogia. Firmate subito l’appello verso i big della produzione tessile globale, inclusa GAP. Il suo fornitore United Apparel infatti è anche coinvolto in un grave caso di violazione dei diritti umani nei confronti di un sindacalista, Sous Chantha.