I marchi e i sindacati hanno tre mesi a disposizione per firmare un accordo internazionale vincolante che dia sicurezza a lavoratori e lavoratrici tessili
I sindacati globali e le aziende firmatarie del gruppo negoziale hanno annunciato di aver concordato una proroga di tre mesi dell’accordo sulla prevenzione degli incendi e sulla sicurezza degli edifici in Bangladesh, per avere più tempo per concludere i negoziati su un nuovo accordo vincolante sulla sicurezza. Senza un accordo vincolante analogo al Bangladesh Accord, l’attività svolta sinora che ha effettivamente portato sicurezza nelle fabbriche non sarebbe più obbligatoria, così come non sarebbe obbligatorio il coinvolgimento dei sindacati, con la conseguenza che l’Accordo rimarrebbe un esercizio di monitoraggio da parte delle aziende totalmente autoreferenziale.
I testimoni firmatari dell’Accordo – Clean Clothes Campaign, International Labor Rights Forum/Global Labor Justice, Maquila Solidarity Network, e Worker Rights Consortium – accolgono con favore il fatto che l’estensione continuerà a vincolare i marchi membri dell’Accordo agli stessi obblighi dell’Accordo attuale. Questa proroga, tuttavia, estende lo status quo solo per poche settimane, ma il problema rimane: i marchi firmatari dell’Accordo firmeranno un nuovo accordo di sicurezza vincolante che obblighi ciascuno di loro a prendersi carico della sicurezza delle fabbriche tessili in Bangladesh, che mantenga un segretariato indipendente che ne monitori l’applicazione e che sia esteso ad altri paesi?
Senza un tale accordo, l’attività dei brand committenti in Bangladesh si risolverà in un monitoraggio totalmente autoreferenziale, quel tipo di pratiche che non sono certamente riuscite a prevenire il crollo del Rana Plaza.
Kalpona Akter, presidente del the Bangladesh Garment and Industrial Workers Federation e fondatrice del the Bangladesh Centre for Worker Solidarity, ha dichiarato: “Il RMG Sustainability Council, ha la competenza sulla sicurezza in Bangladesh, ma non quella di ritenere i marchi e i rivenditori responsabili delle loro promesse. Solo un accordo internazionale legalmente vincolante riconoscerà ai tribunali il potere di ritenere i marchi responsabili in per le promesse, disattese, di rendere le fabbriche sicure. Poiché sono i marchi a detenere il potere nelle filiere produttive, la sicurezza sul posto di lavoro in Bangladesh può dirsi garantita solo se i marchi sono costretti a mantenere la parola data.”
Lo scorso fine settimana è purtroppo scoppiato un grave incendio in una fabbrica di abbigliamento in Pakistan; fortunatamente, nessuno è rimasto ferito, ma se fosse accaduto durante un turno lavorativo un incendio di quel tipo avrebbe potuto avere conseguenze devastanti. La prevenzione è fondamentale e per questo motivo è urgente approvare un nuovo Accordo sulla sicurezza in Bangladesh ma non solo.
La breve proroga dell’accordo è stata necessaria poiché i marchi in negoziato hanno dichiarato di non voler rinnovare l’Accordo né estenderlo ad altri paesi, contrariamente a quanto dichiararono a gennaio 2020.
La pandemia ha poi ritardato i negoziati, e alcuni marchi hanno improvvisamente fatto marcia indietro, proponendo una versione dell’Accordo decisamente indebolita. Fortunatamente, altri marchi firmatari dell’Accordo stanno comunicando con i sindacati o pubblicando dichiarazioni che indicano che sosterranno un nuovo Accordo con gli elementi cruciali proposti dai sindacati. Fra questi marchi vi sono Asos, Tchibo, Zeeman, KiK, e G-Star. Nei prossimi tre mesi vedremo se gli altri firmatari dell’accordo intendono tornare alle pratiche pre-Rana Plaza oppure sono disposti ad assumersi le loro responsabilità.
Note:
- Il 29 aprile, i testimoni firmatari dell’accordo hanno pubblicato il rapporto Unfinished Business, evidenziando sia i successi dell’accordo sia indicando per 12 grandi marchi quali difetti cruciali di sicurezza sono ancora in sospeso
- Il Business and Human Rights Resource Centre ha chiesto a questi marchi una risposta pubblica
- La sottrazione dei marchi alla propria responsabilità è sorprendente alla luce della legislazione sulla due diligence sul rispetto dei diritti umani che sarà presto in vigore nell’UE
- Clean Clothes Campaign ha predisposto una pagina di Q&A: https://cleanclothes.org/campaigns/protect-progress/qa, e una lista di risorse per giornalisti