La Campagna Abiti Puliti (membro della Clean Clothes Campaign) ricorda il quinto anniversario del tragico incendio che devastò la fabbrica Ali Enterprises in Pakistan, uccidendo oltre 250 operai e operaie del settore tessile. Il nostro pensiero va alle famiglie che hanno perso i loro cari in quel disastro e a tutti coloro che hanno vissuto quell’orribile evento. A cinque anni di distanza però, temiamo che in assenza di ispezioni credibili e trasparenti sulla sicurezza, le fabbriche tessili del Pakistan continuino a rimanere luoghi di lavoro insicuri: questo vuol dire che migliaia di lavoratori e lavoratrici continuano a rischiare la propria vita sul posto di lavoro.
L’incendio alla Ali Enterprises e la tragica conta dei morti hanno rivelato l’urgenza di un cambiamento significativo nell’industria dell’abbigliamento globale. È risultato evidente quanto i sistemi di auditing aziendali siano inadeguati ad identificare, documentare e correggere carenze nella sicurezza, risparmiando così la vita dei lavoratori. Solo poche settimane prima della tragedia alla fabbrica era stata riconosciuta la certificazione SAI8000 in seguito ad una ispezione, anche sugli standard di sicurezza, effettuata dalla società privata di auditing RINA. Nonostante un fallimento tanto evidente, l’industria tessile continua a servirsi di questi inefficaci sistemi di controllo.
In Bangladesh, il crollo del Rana Plaza nel 2013 è stato seguito dalla creazione di un sistema di ispezioni giuridicamente vincolante, credibile e trasparente basato su standard internazionali di sicurezza degli edifici. Il peggior incendio industriale del Pakistan avrebbe dovuto seguire lo stesso percorso, tuttavia dopo cinque anni non è stato ancora fatto alcun progresso significativo in questa direzione.
Il distributore low cost tedesco KIK – l’unico cliente conosciuto della Ali Enterprises – ha recentemente istituito un programma di sicurezza opaco e privo di meccanismi che stabiliscano chiare responsabilità. Visto la relazione con la Ali Enterprises e con l’industria tessile del Pakistan in generale, è ora che KIK si assuma una responsabilità maggiore nel garantire sicurezza ai lavoratori tessili di quel Paese.
Nasir Mansoor del Pakistani National Trade Union Federation (NTUF) ha dichiarato: “KIK dovrebbe sapere per esperienza che quel tipo di auditing, cui si è affidata prima dell’incendio alla Ali Enterprises, non crea fabbriche sicure. L’azienda dovrebbe imparare dal suo passato e favorire meccanismi affidabili e trasparenti.”
“L’Accordo per la prevenzione degli incendi e sulla sicurezza degli edifici in Bangladesh dimostra che è possibile passare rapidamente dal classico “controlla e ignora” a un sistema affidabile che opportunamente ispeziona e rimedia. Fino a quando il Pakistan non implementerà un suo sistema di controllo credibile e trasparente, che includa l’impegno finanziario dei marchi, le vite di lavoratori resteranno a rischio” ha dichiarato Deborah Lucchetti della Campagna Abiti Puliti.
Karamat Ali del Pakistani Institute of Labour Education & Research (PILER) ha aggiunto: “Il settore dell’abbigliamento pakistano ha bisogno di controlli conformi alle norme internazionali e incorporati in un sistema adeguato alla situazione nazionale, per impedire che le sue fabbriche si trasformino in trappole mortali per i lavoratori.”
Il lavoro per una piena giustizia per le vittime del disastro della Ali Enterprises continua. Lo scorso anno, alla vigilia del quarto anniversario, i soggetti interessati raggiunsero un accordo per organizzare il risarcimento delle vittime per la perdita di reddito e la copertura dei costi delle cure mediche. KIK avrebbe dovuto pagare oltre 5 milioni di dollari da distribuire secondo uno schema predisposto dall’ILO. I pagamenti non sono ancora iniziati, ma la Clean Clothes Campaign spera sinceramente che le famiglie delle vittime inizino presto a ricevere i fondi.
Saeeda Khatoon, che ha perso un figlio nella tragedia, a nome del Ali Enterprise Factory Fire Affectees Association, ha dichiarato: “Abbiamo perso i nostri familiari nell’incendio di cinque anni fa. Ora è tempo di ricevere i risarcimenti stabiliti secondo gli accordi raggiunti. I Marchi dovrebbero rispettare i diritti dei lavoratori a cominciare dal diritto alla sicurezza.”