Campagna Abiti Puliti si stringe intorno ai familiari delle vittime della tragedia di Prato, dove 7 persone hanno perso la vita nell’incendio di un capannone sede di un’azienda tessile.
Il parallelo con quanto avvenuto a Dakha in Bangladesh, poco più di un anno fa, quando 112 persone sono morte bruciate vive nella fabbrica Tazreen, aumenta l’indignazione che tali tragedie suscitano subito dopo che accadono. Non solo perché questa volta la macabra conta dei morti avviene a due passi dalle nostre case. Ma soprattutto perché, ora come allora, ci si trova di fronte a disastri che si potevano evitare.
Il fenomeno dei laboratori clandestini, a Prato e non solo, spesso legati alla produzione e al confezionamento di abiti per conto di grandi marchi della moda nazionale e internazionale, è stato denunciato da tempo. Non ci sono alibi per non essere intervenuti prima che una simile tragedia si verificasse.
Al momento non sembra esserci alcun marchio coinvolto nella vicenda con contratti di appalto o subappalto. Ma tutte le verifiche del caso sono ancora in corso.
Le istituzioni da anni sono impegnate nella costruzione di un sistema economico basato sull’ottenimento del profitto in una logica di concorrenza sfrenata. È ora che intervengano per mettere fine a queste condizioni di schiavitù in cui si ritrovano decine di migliaia di persone.
Chiediamo che si inverta la rotta, iniziando ad anteporre i diritti umani e la difesa dei lavoratori agli affari. Tutte le parti in causa devono assumersi le loro responsabilità e dare il proprio contributo a rifondare un patto di civiltà.
Le istituzioni devono ripristinare un sistema pubblico di controllo efficiente per la protezione dei lavoratori nelle fabbriche, reinvestendo in istituti di prevenzione come l’ispettorato del lavoro o l’INAIL, da anni vittime di tagli e ristrutturazioni. È inoltre urgente che il Parlamento emani una legge che obblighi le imprese alla trasparenza sulla filiera produttiva.
Le aziende devono attrezzarsi per garantire il rispetto dei diritti umani in tutta la loro filiera produttiva, corrispondendo ai fornitori prezzi che permettano il pagamento di salari dignitosi e garantendo tempi di consegna adeguati.
L’accordo internazionale raggiunto in Bangaldesh, che prevede ispezioni indipendenti negli edifici, formazione dei lavoratori in merito ai loro diritti, informazione pubblica e revisione strutturale delle norme di sicurezza, studiato per la situazione bengalese, può rappresentare, adeguatamente riadattato al contesto italiano, un valido esempio di assunzione di responsabilità di tutte le parti in causa.