13.606 persone hanno chiesto ai marchi europei delle calzature di fare un passo avanti, comunicare chi produce le loro scarpe e cessare di mettere a rischio la vita dei loro lavoratori e lavoratrici.
La petizione era rivolta a 26 marchi europei ed è stata sottoscritta da migliaia di cittadini preoccupati che le loro scarpe siano prodotte da persone che non rischiano la loro vita ogni volta che si recano sul posto di lavoro.
24 miliardi di scarpe sono prodotte ogni anno – 3 paia per ogni persona del pianeta. L’87% di queste viene realizzato in Asia, dove milioni di donne cuciono scarpe a casa loro sopportando paghe da fame, problemi di salute e condizioni di lavoro insicure. Nelle concerie, l’uso non regolamentato di sostanze chimiche tossiche e di coloranti espone i lavoratori al Cromo VI – prodotto nel processo di concia delle pelli – col rischio di causare asma, eczema, cecità e cancro. Quando questa sostanza entra poi in contatto con le acque reflue provoca inquinamento dannoso per l’ambiente e per coloro che vivono e lavorano nelle vicinanze.
La crescente domanda in Europa e la competizione tra i marchi per fornire prodotti sempre più economici e in tempi sempre più rapidi significa, in particolare per i lavoratori e le lavoratrici in Asia e in Est Europa, essere sotto pressione per produrre sempre più, spesso attraverso straordinari non pagati e sotto minaccia di licenziamento e intimidazione, se provano ad alzare la voce per chiedere più diritti. Queste condizioni di lavoro per noi consumatori restano nascoste, visto che i marchi tengono segrete le loro catene di produzione.
Ma ora i cittadini europei stanno sollevando questi problemi e vogliono essere sicuri che le loro scarpe non stiano causando danni all’ambiente e alle persone. Migliaia di persone chiedono ai marchi di pubblicare le informazioni sulla realizzazione delle loro scarpe, di smettere di usare sostanze tossiche durante la produzione e di garantire un salario vivibile e condizioni di lavoro dignitose ai loro operai e operaie.
In Germania le firme raccolte sono state consegnate a Deichmann la quale ha dichiarato che lavorerà per migliorare la situazione per i lavoratori lungo la sua catena di fornitura. In Polonia sono state consegnate a CCC, la più grande azienda del Paese. CCC ha replicato che assumerà passi concreti per monitorare la catena di fornitura e avvierà un dialogo con i lavoratori e le organizzazioni della società civile. In Italia la petizione è stata consegnata a Prada che finora non ha fornito alcuna risposta in merito alle diverse richieste di trasparenza. In Spagna le firme sono arrivate a Camper che ha appena iniziato a pubblicare alcune informazioni sulla sua catena di fornitura. In Inghilterra la petizione è stata consegnata a 11 marchi tra cui Schuh, che si è detta disponibile a considerare le raccomandazioni per migliorare la situazione.
Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna Abiti Puliti ha dichiarato: “La crescente richiesta di trasparenza non può essere ignorata. Una petizione parallela indirizzata a 5 marchi globali dell’abbigliamento e delle calzature sullo stesso tema ha raccolto oltre 70 mila firme. Come risultato di questa pressione pubblica alcuni grandi marchi, tra cui Clarks, hanno accettato di pubblicare la lista dei loro fornitori. Tuttavia troppi marchi ancora dimostrano di non essere per nulla interessati a parlare delle condizioni di lavoro nelle loro filiere produttive e molta strada resta da fare per garantire un trattamento equo per i loro lavoratori. Allo stesso tempo è promettente che alcuni grandi marchi stiano cambiando atteggiamento e riconoscano che l’unica soluzione è ascoltare le preoccupazioni dei consumatori e le esigenze dei lavoratori, mostrandosi disponibili ad assumersi le loro responsabilità. Continueremo a lavorare con i brand della moda per migliorare la trasparenza delle loro catene di fornitura e le condizioni dei loro lavoratori. E ci auguriamo che anche i grandi brand italiani, come Prada, rispondano alle richieste di migliaia di persone e accettino la sfida della trasparenza”
La coalizione Change your shoes ha presentato la petizione anche ai Membri del Parlamento Europeo a Bruxelles lo scorso 20 novembre mostrando l’esistenza di una forte pressione pubblica per cambiare l’industria calzaturiera e chiedendo all’Europa di rendere obbligatoria per le aziende la pubblicazione dei nomi e degli indirizzi dei loro fornitori.
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LA CONSEGNA IN ITALIA A PRADA
LA CONSEGNA NEL RESTO D’EUROPA