Il governo del Bangladesh sta utilizzando i procedimenti dinanzi alla Corte Suprema per impedire il funzionamento dell’Accordo sugli incendi e la sicurezza degli edifici (Accordo), mettendo così a rischio la sicurezza dei lavoratori. Una sentenza della Corte d’appello bengalese prevista per il prossimo 7 aprile potrebbe imporre all’Accordo di chiudere l’ufficio e le operazioni di Dhaka senza considerare se le agenzie nazionali siano in grado di farsi carico di questo lavoro.
Il governo sostiene di avere la capacità di controllare le 1.688 fabbriche di competenza dell’Accordo ma la ricerca pubblicata oggi da Clean Clothes Campaign, International Labor Rights Forum, Maquila Solidarity Network e Worker Rights Consortium (firmatari dell’Accordo in qualità di testimoni) mostrano un livello scioccante di impreparazione.
In particolare, si evince che:
- I due database governativi destinati a fornire informazioni sul risanamento delle fabbriche di abbigliamento sono incompatibili tra loro e non forniscono informazioni sulle ispezioni successive.
- Nessuno dei 745 stabilimenti del programma di ispezione governativo ha ancora eliminato i rischi per la sicurezza identificati negli ultimi tre/cinque anni. Tra questi figurano, ad esempio, le vie di uscita bloccate che, in caso di incendio, potrebbero lasciare i lavoratori intrappolati all’interno. Molti pericoli ad alto rischio dovrebbero – e avrebbero potuto – essere eliminati immediatamente dopo essere stati identificati.
- Il governo ha il potere di chiudere le fabbriche ritenute talmente pericolose da mettere a rischio la sicurezza immediata dei lavoratori. Come è stato ampiamente riconosciuto, se il governo avesse utilizzato questo potere quando le crepe del Rana Plaza erano state identificate pochi giorni prima del crollo nel 2013, migliaia di vite sarebbero state salvate. L’Accordo ha identificato 114 fabbriche di questo tipo, talmente insicure da eliminarle dal suo programma di ispezione. Oggi, la metà di queste stesse strutture rimane aperta nell’ambito del programma di ispezione del governo, ma nei registri non vi è alcuna indicazione che siano stati apportati miglioramenti in materia di sicurezza al loro interno
- Il governo sostiene di aver ricevuto 18 denunce dal 2013 attraverso il suo meccanismo di segnalazione. L’Accordo, nello stesso periodo, ne ha ricevute 1.152. Questa netta differenza potrebbe essere attribuita, in parte, al fatto che il governo non garantisce l’anonimato dei lavoratori che presentano reclami contro le fabbriche.
- In diversi dibattiti pubblici, il governo ha dichiarato che il 29% di tutti i lavori di ristrutturazione richiesti nelle fabbriche di sua competenza sono stati completati. Uno sguardo più attento ai loro dati però dimostra che si tratta di una grossolana sovrastima. 346 su 400 fabbriche (per le quali ci sono informazioni disponibili) hanno completato meno del 20% di tutti i lavori di ristrutturazione richiesti. Solo due stabilimenti hanno completato tra il 21 e il 40% dei lavori di risanamento. Sulle restanti 52 fabbriche non ci sono informazioni. Al contrario, l’89% dei lavori di ristrutturazione necessari in tutti gli stabilimenti coperti dall’Accordo sono stati completati.
Sia i marchi che le organizzazioni firmatarie dell’Accordo di Transizione 2018 si sono impegnati a trasferire la responsabilità dei lavori di ispezione e bonifica una volta che sia stata istituita un’agenzia nazionale di regolamentazione credibile. Attualmente, le parti interessate a livello internazionale concordano sul fatto che le agenzie nazionali di ispezione del Bangladesh non soddisfino ancora gli standard previsti in materia di trasparenza, monitoraggio o esecuzione. Le agenzie di controllo del governo sono molto in ritardo nel completare i lavori di messa in sicurezza presso le fabbriche di abbigliamento che producono per marchi non firmatari dell’Accordo o per il mercato interno. Nonostante ciò il governo del Paese sostiene che i suoi organismi di controllo siano pronti ad assumersi l’incarico, considerando di fatto l’Accordo non più necessario. Per questo esso sta spingendo per un rapido trasferimento non solo del sistema di ispezioni e riparazione, ma anche del meccanismo dei reclami e dei programmi di formazione sulla sicurezza svolti ora dall’Accordo, rifiutandosi di discutere e considerare un processo graduale basato su una valutazione dell’effettiva capacità di subentrare definitivamente all’Accordo.