A nove anni dal crollo del Rana Plaza i marchi dell'abbigliamento continuano a mettere a rischio la vita delle lavoratrici
Nove anni fa, il 24 aprile 2013, crollava l’edificio Rana Plaza in Bangladesh uccidendo 1.138 persone: una tragedia annunciata ed evitabile. Oggi il nostro pensiero va a tutti coloro che hanno dovuto vivere quei momenti terribili e alle famiglie di quanti non sono sopravvissuti. Nove anni dopo, la lotta per le fabbriche sicure continua: purtroppo, infatti, alcuni marchi della moda continuano a rifiutarsi di mettere la sicurezza dei loro lavoratori e lavoratrici al primo posto. Per questo, il network della Clean Clothes Campaign chiede a tutte le aziende che non l’hanno ancora fatto di firmare immediatamente l’Accordo internazionale per la salute e la sicurezza nel settore tessile e dell’abbigliamento.
Diversi marchi molto noti, come Levi’s e IKEA, non hanno mai aderito all’Accordo Internazionale, un meccanismo di sicurezza creato in risposta al crollo giunto alla sua terza edizione. 171 brand che si riforniscono dal Bangladesh lo hanno invece sottoscritto, compresi i giganti della fast fashion come H&M, Inditex (Zara) e Fast Retailing (UNIQLO). La nostra inchiesta mostra come, rifiutandosi di aderire al programma e di sostenerne i costi, ma continuando a rifornirsi nelle fabbriche che vengono migliorate grazie ad esso, Levi’s e IKEA non facciano altro che approfittare dei progressi senza impegnarsi finanziariamente e politicamente.
IKEA
Ad esempio è il caso di una fabbrica fornitrice di IKEA dal 2007, dove la prima ispezione dopo il crollo di Rana Plaza ha evidenziato diverse violazioni della sicurezza trascurate dal sistema di monitoraggio dell’azienda: la mancanza di porte ignifughe, la presenza di serrature su alcune delle porte di uscita, le crepe nei muri. Nel 2008 il programma ispettivo di IKEA aveva identificato esplicitamente i cablaggi elettrici difettosi come un rischio per la salute e la sicurezza; tuttavia l’ispezione del 2014 dell’Accordo non aveva riscontrato alcuna soluzione in merito. Molti di questi problemi sono stati invece risolti negli anni successivi, grazie al lavoro dell’Accordo internazionale e senza che IKEA contribuisse in alcun modo.
LEVI'S
O ancora è il caso di una fabbrica da cui si riforniva Levi’s dal 2011, dove gli ingegneri avevano trovato colonne portanti dell’edificio corrosi e l’impianto elettrico in pessimo stato, senza evidenze di regolari ispezioni. Tutti questi problemi sono stati risolti nei tre anni successivi senza che Levi’s contribuisse al programma di risanamento.
COSA CHIEDIAMO ALLE AZIENDE
Per garantire che il lavoro sulla sicurezza possa continuare, è vitale che tutti i marchi che si riforniscono in Bangladesh firmino l’Accordo il più presto possibile. Tra questi, oltre a Ikea e Levi’s, ci sono giganti come Gap, Target, VF Corporation (The North Face) e Canadian Tire. E marchi, come Auchan e Walmart, che hanno deciso di non assumersi le proprie responsabilità pur essendo tra gli acquirenti di una delle fabbriche tessili del Rana Plaza al momento del crollo. Le fabbriche da cui tutti questi marchi si riforniscono continuano ad avere molti degli stessi rischi per la sicurezza da sempre presenti nel settore anche prima della tragedia del Rana Plaza.
Affinché il lavoro dell’Accordo continui ad avere successo, è cruciale che l’implementazione sul campo sia fatta in modo efficiente e nell’interesse dei lavoratori innanzitutto. Esortiamo tutte le parti interessate a garantire che il lavoro dell’Accordo possa essere svolto come previsto, per permettere a chi lavora di sentirsi realmente al sicuro.