L’ombra che si allunga su questo 25 novembre 2024, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è sempre più nera. Nera come l’eco delle parole del ministro Giuseppe Valditara secondo il quale il patriarcato non esiste. Caro ministro, il patriarcato si dispiega ogni giorno davanti ai suoi occhi, in ogni angolo e in ogni margine di questo paese, ma se le politiche sue e del governo di cui fa parte inondano il paese di nero, certo che non lo vedrà. Lo scorso sabato le piazze di Roma e Palermo e di altre città hanno fugato ogni ombra. Con le fiamme della rabbia.
Diritti delle donne, ancora solo numeri
In Italia e nel mondo i numeri della violenza capitalista e patriarcale sono gettate di sale su ferite che sanguinano costantemente. Anche i diritti delle donne e delle altre soggettività marginalizzate (persone migranti, lgbtqia+, con disabilitià, razzializzate) sono ancora, solo e soltanto, numeri. E purtroppo numeri per sottrazione: quante donne ancora non lavorano, quante donne ancora non denunciano la violenza domestica, quante donne ancora non guadagnano quanto un uomo di pari livello e competenze, quante donne ancora non accedono all’istruzione, ai posti di potere (capitalisticamente intesi), alla salute riproduttiva, alla libertà di movimento, all’indipendenza economica. Sono queste sottrazioni che tengono insieme l’Italia del 2024, resa a brandelli da anni di politiche cieche alle istanze sociali, di cui l’ultima finanziaria è solo un epigono, con gli ennesimi, drammatici tagli a welfare, servizi pubblici e prestazioni di assistenza che aumentano il piano inclinato delle diseguaglianze.
Donne e divario salariale
Non ripeteremo i noti numeri della violenza patriarcale perché non vogliamo essere considerate un numero. Ci preme però notare l’ennesima, amara ipocrisia: solo dieci giorni prima del 25 novembre, Giornata mondiale per il contrasto alla violenza contro le donne, si è denunciato il 15 novembre, Giornata mondiale del divario salariale di genere. Il giorno in cui convenzionalmente le donne iniziano a lavorare gratis, fino alla fine dell’anno. Ciò accade sia negli uffici stile sia nelle fabbriche, sia in Italia sia in Bangladesh e ovunque nel mondo. L’ipocrisia ancora maggiore è che l’Unione europea lo abbia chiamato Equal Pay Day: scusate, ma equal in che senso?
Donne, disoccupazione e salari bassi
Le soluzioni per contrastare tutti i tipi di violenza di genere (economica, fisica, culturale, politica, psicologica) sono note. Per raggiungere la piena uguaglianza è necessario “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”. Questa l’ha già sentita, Ministro Valditara? Forse può ricordarla lei alla sua Presidente?
Rimuovere i fattori di cui è composta la violenza patriarcale per eliminare la condizione di disuguaglianza: di fatto si tratta di soluzioni note e studiate per cui noi, insieme ad altre reti attiviste e movimenti, chiediamo da anni l’introduzione di politiche attive efficaci. La violenza passa anche dalla distribuzione ineguale delle risorse e del valore lungo quella catena che lo ha generato. È una catena violenta e prepotente, che toglie il fiato, uccide. Una catena che obbliga a lavorare senza pause e senza giorno di riposo, alle dipendenze di supervisori molesti, in cui il salario da diritto diventa ricatto. Ma senza un lavoro o con salari da fame non ci si libera. Lavori precari e inesistenti come quelli che ancora sono offerti alle donne e alle soggettività marginalizzate portano a vite altrettanto precarie e invisibili.
Le richieste di Abiti Puliti
È per questi motivi che la Campagna Abiti Puliti chiede da tempo non solo l’approvazione del salario minimo legale dignitoso, e l’avvio di un percorso di riduzione collettiva degli orari di lavoro, a parità di salario dignitoso di base, ma anche l’introduzione di strumenti di integrazione e sostegno dei redditi da lavoro più bassi, i cosiddetti in-work benefit, e del reddito universale di base. La diciamo brutale: per salvarsi dalla violenza capitalista ci vogliono (ancora) i soldi. Il divario salariale incide sulla mancata emancipazione delle donne e sulla loro costante dipendenza dal sistema retto dal potere maschile. Allo stesso tempo, per poter uscire di casa e salvarsi dalla violenza domestica è necessario poter contare su un appoggio economico. Anche per quelle che non lavorano (che nel nostro paese sono una donna su due. Sipario).
Campagne in rete a sostegno delle donne
Sono molte le campagne che rilanciano l’opportunità di tali strumenti e gli studi che li approfondiscono: dal reddito di liberazione proposto da Bruciamo Tutto come complemento al reddito di autodeterminazione richiesto da Non Una Di Meno, la necessità di introdurre politiche attive di integrazione dei salari bassi o inesistenti mediante l’erogazione di sostegni finanziari a compensazione della mancanza di reddito causata dal sistema capitalista e patriarcale è acclarata.
Per uscire dall’invisibilità e dalla violenza è necessario che ad ogni persona oppressa siano garantiti gli strumenti che le restituiscano la dignità. Intanto le donne continuano a morire ammazzate, al lavoro e fra le mura di casa. Se c’è ancora (un) domani, va costruito con nuovi mezzi.