L’Italia sta per varare una misura da 55 miliardi, la più imponente della storia del paese. Il Governo sta chiedendo ai contribuenti uno sforzo presente e futuro enorme. La Campagna Abiti Puliti ha inviato oggi una lettera al Governo in cui chiede che i fondi pubblici utilizzati per la ricostruzione siano concessi solo ad aziende che si impegnano a rispettare i diritti umani sia in Italia che nel mondo e che non abbiano sede in paradisi fiscali.
“La pandemia di Covid19 non è più una emergenza solo sanitaria, ma è presto diventata anche una questione di giustizia economica e sociale.” commenta Deborah Lucchetti, portavoce della campagna. “Sono milioni le persone che hanno già perso il lavoro a causa delle politiche predatorie delle multinazionali nelle filiere globali. Se quelle aziende vogliono aiuti di Stato, devono condividere la ricchezza ricevuta con i lavoratori, non solo quelli operanti in Italia. Si può ripartire solo se nessuno è lasciato indietro.”
Stiamo assistendo a comportamenti predatori e inaccettabili: aziende che non pagano i fornitori, cancellano ordini già effettuati, licenziano o minacciano il personale, si rivolgono a fornitori esteri chiedendo prezzi stracciati costringendoli a pagare ai loro dipendenti stipendi da fame. Alcune hanno chiesto fondi di sostegno al governo italiano, anche se non pagano le tasse in Italia bensì in paradisi fiscali. Ciò sta accadendo nel settore della moda, ma non solo. Se le imprese italiane vogliono usufruire di fondi pubblici devono impegnarsi a rispettare i diritti umani e dei lavoratori in tutto il mondo, e pagare le tasse nel nostro Paese.
I cittadini italiani hanno il diritto di sapere come queste risorse saranno spese e quali aziende ne beneficeranno: per questo la Campagna Abiti Puliti chiede di fare buon uso del Registro Nazionale degli Aiuti di Stato creando una sezione specifica dedicata all’erogazione e gestione dei fondi Covid. Rendere pubbliche queste informazioni in maniera chiara e accessibile è un passo fondamentale per nutrire la democrazia e favorire una reale transizione dell’economia verso la sostenibilità.
“Per facilitare la messa in pratica di tale impegno, abbiamo preparato un modulo molto semplice e precompilato: il Governo non deve fare altro che allegarlo al Decreto Maggio” aggiunge Lucchetti.
Allo stesso tempo la Campagna Abiti Puliti, in collegamento con altre coalizioni gemelle in diversi paesi europei, ha lanciato una petizione rivolta alle imprese italiane del settore moda affinché adottino condotte responsabili e non spostino il peso della crisi sanitaria sulle operaie all’altro capo delle loro catene di fornitura.
La prossima occasione per approfondire questi temi è Giovedì 14 maggio alle ore 17. Per il ciclo Tra le trame della crisi, in diretta Facebook sulla pagina della Campagna Abiti Puliti, si terrà l’evento “Colmiamo i buchi legali. Le leggi che mancano per cucire moda sostenibile”. Insieme a Angelica Bonfanti, Professoressa associata in diritto internazionale UniMI e Gianni Rosas, Direttore OIL Ufficio per l’Italia e San Marino parleremo delle leggi che mancano per obbligare le imprese a rispettare i diritti e della necessità di avere sistemi di protezione sociale nei paesi di produzione.
Il mondo è un posto ineguale a causa di comportamenti umani e aziendali che sono evidentemente giunti al capolinea. Il Coronavirus ci ha rimesso all’anno zero. Abbiamo l’occasione di cambiare la direzione del mondo e sappiamo già come farlo.
Il momento di agire è ora.