64 paia di scarpe di pelle di 23 importanti marchi europei sono state testate per verificare l’esistenza di tracce di cromo esavalente VI, una sostanza altamente tossica, allergenica e cancerogena. Le scarpe sono state acquistate in Europa e Svizzera e inviate al laboratorio specializzato Umweltbundesamt, accreditato presso l’Agenzia per l’ambiente austriaca.

La concia della pelle con il cromo è la pratica più diffusa per la realizzazione di calzature in cuoio. Solitamente viene utilizzato il cromo III, non tossico. A volte però l’ossidazione del cromo III può causare la formazione di cromo VI, che a contatto con la pelle è causa di dermatiti allergiche. È stato stimato che la percentuale di popolazione dell’UE allergica al cromo VI si attesta tra lo 0,2 e lo 0,7%, che corrisponde a circa 1 – 3 milioni di persone. Per questo motivo la legislazione comunitaria ha imposto un limite di 3mg/kg alla sua quantità nei prodotti in pelle.

51 paia delle scarpe analizzate non avevano alcuna traccia di cromo VI. 13 paia avevano quantità entro la soglia legale di 3mg/kg. Nessun paio di scarpe ha oltrepassato il limite legale. Questo evidenzia come l’introduzione di un limite legale abbia di fatto portato benefici per i consumatori. Tuttavia i marchi non dovrebbero limitarsi a garantire prodotti sicuri per i consumatori: è loro dovere lavorare anche per salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici che producono le loro scarpe.

È evidente, invece, come le aziende facciano pochi sforzi per proteggere i lavoratori. La trasparenza lungo tutta la catena di fornitura, compresi i fornitori a monte, è in questo senso una precondizione fondamentale per garantire la loro sicurezza. “Il regolamento dell’Unione Europea indica chiaramente quanto sia determinante fissare regole vincolanti per le imprese” dichiara Deborah Lucchetti, portavoce della Campagna Abiti Puliti che coordina in Italia Change Your Shoes*, “La trasparenza della filiera dovrebbe essere un requisito obbligatorio per tutte le imprese quale precondizione per garantire il rispetto dei diritti umani e del lavoro in tutti i luoghi di produzione”.

Allo stesso tempo, la mancanza di trasparenza sulle condizioni di lavoro e informazioni poco chiare sui materiali impiegati nella produzione impediscono ai consumatori di scegliere eticamente le scarpe che indossano.

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