Pubblichiamo un estratto in lingua italiana del position paper internazionale di ottobre sulla trasparenza di filiera con alcune considerazioni specifiche sull’Italia.
E’ vero infatti che il cambiamento sistematico non può che essere sovranazionale, come la pandemia che stiamo vivendo tristemente ci ricorda. Affinché le soluzioni, sia legislative sia nelle pratiche, abbiano un impatto efficace, devono essere condivise e praticate a livello globale (almeno a partire dall’Unione europea e confidando nel suo potere trainante).
In attesa dell’approvazione di queste riforme, tuttavia, il cambiamento può e deve essere stimolato dagli attori nazionali, in primo luogo dal decisore pubblico. Il paper propone l’introduzione in Italia di condizionalità premianti, nei rapporti fra Stato e aziende, che promuovano l’adozione di pratiche sostenibili e un atteggiamento di responsabilità proattiva delle aziende tessili verso le condizioni di lavoro delle filiere.
Le aziende tessili stesse potrebbero per prime impegnarsi pubblicamente per la trasparenza di filiera, rendendola anche un elemento di incremento di valore del settore moda italiano. Le dichiarazioni non finanziarie delle grandi imprese dovrebbero informare in modo puntuale sui rischi di violazione dei diritti umani e sulle misure di gestione adottate, come specificato dalla stessa Consob nel suo Richiamo di attenzione del 28 febbraio 2019.
Interrogarsi sulla operabilità della trasparenza di filiera ha senso in vista delle riforme sulla corporate governance che la Commissione europea proporrà nel corso del 2021. All’interno di queste proposte di riforma (che includono anche una revisione della direttiva sulla rendicontazione non finanziaria sopra accennata), gli obblighi di dovuta diligenza sul rispetto dei diritti umani da parte dei fornitori (la mandatory human rights due diligence) costituiscono una parte centrale. La human rights due diligence consiste nel processo di verifica e raccolta di informazioni circa il rispetto dei diritti dei lavoratori da parte di ciascun fornitore di materiali o prodotto finito di cui l’azienda si avvale per produrre i propri capi. Tale processo deve avvenire al momento di acquisizione di un nuovo fornitore, ma anche dopo in modo continuativo.
E’ fondamentale che la regolamentazione includa anche esplicitamente obblighi di pubblicazione delle informazioni raccolte nel processo di due diligence. Raccogliere queste informazioni è efficace solo se sono rese accessibili, così da permettere lo scrutinio pubblico sull’operato di una impresa, anche da parte dei lavoratori, e la verifica sul rispetto della disciplina stessa (l’enforcement). Se il processo di due diligence rimane all’interno dell’azienda, non vi sarebbe raggiungimento di standard e non si supererebbero gli ostacoli attuali derivanti dalla volontarietà delle pratiche. E la direttiva finirebbe per cambiare tutto per non cambiare niente.