La Clean Clothes Campaign ha pubblicato il suo ultimo position paper internazionale
E’ stato pubblicato oggi l’ultimo position paper sulla trasparenza aziendale nelle filiere tessili globali a cura della Clean Clothes Campaign. Facendo seguito al rapporto del 2016, il position paper illustra lo stato delle pratiche di trasparenza aziendale nel settore dell’abbigliamento globale e propone soluzioni per promuovere pratiche di trasparenza efficaci.
Sono state diverse le iniziative intraprese negli ultimi quattro anni sulla trasparenza di filiera. Il 2016 è stato l’anno del Transparency Pledge, sostenuto da una coalizione internazionale di nove organizzazioni per i diritti umani e del lavoro. Come best practice, il Transparency Pledge rappresenta uno standard minimo, poiché richiede alle aziende di abbigliamento di divulgare solo alcune informazioni specifiche sui fornitori della loro catena. Sebbene limitato nella sua efficacia, il Transparency Pledge ha modificato il modo in cui le aziende guardano agli interessi delle parti interessate e alla gestione delle informazioni, poiché fino a pochi anni prima nessuna delle principali aziende (di abbigliamento) ha mai divulgato l’elenco e l’ubicazione dei propri fornitori. Ad oggi, 76 aziende globali di abbigliamento si sono allineate, sono vicine all’allineamento o si sono impegnate ad allinearsi alla promessa.
Negli ultimi quattro anni, una serie di iniziative multi-stakeholder sono stati anche definiti a livello locale, regionale o globale, promuovendo best practises e standard etici minimi. L’Unione Europea ha approvato la Direttiva sull’informativa non finanziaria applicabile alle grandi imprese, recepita dagli Stati membri nel 2016, ed alcuni stati membri dell’Unione europea hanno approvato alcune leggi sulla due diligence di filiera.
Queste iniziative sono lodevoli, ma hanno un impatto limitato. Le iniziative multi-stakeholder sono volontarie e spesso guidate proprio dalle imprese. Le informazioni pubblicate ai sensi del Transparency Pledge sono meramente quantitative e non consentono alle parti interessate di valutare pienamente le condizioni di lavoro lungo la catena.
L’obiettivo della trasparenza è consentire agli stakeholders l’accesso alle informazioni e facilitare la collaborazione con il marchio e l’azione collettiva al fine di fermare, prevenire, mitigare e rimediare agli abusi sul lavoro nella catena di fornitura.
Pertanto, affinché le pratiche di trasparenza siano significative, l’informativa deve consentire alle parti interessate di “lavorare” con i dati pubblicati. Ciò richiede che le informazioni includano dati qualitativi sui fornitori come la presenza di sindacati, informazioni sulla forza lavoro (ripartizione per genere, per quote di lavoratori e lavoratrici migranti), pratiche di acquisto, meccanismi di reclamo. Come dimostra il Fashion Checker, le pratiche di trasparenza su questi temi rimangono sotto ogni aspetto. Se anche le aziende hanno iniziato a pubblicare alcuni dati, le pratiche di reporting non sono standardizzate, e ciò non consente agli operatori di lavorare con i dati pubblicati.
Il position paper propone un cambiamento verso un sistema in cui la piena trasparenza delle informazioni sia obbligatoria per tutti i marchi di abbigliamento, rivenditori e fornitori e include informazioni sul processo di produzione e sui luoghi, sugli aspetti sociali -inclusi i livelli salariali- e sul ciclo di vita del prodotto. Inoltre, il paper propone una serie di richieste di riforme politiche da attuare a livello europeo, sugli aspetti di divulgazione non finanziaria, due diligence sui diritti umani e legislazioni sugli appalti pubblici.
Il position paper è disponibile in inglese qui